I lubrificanti, per loro stessa natura, sono da sempre prodotti che in qualche modo contribuiscono alla sostenibilità per loro stessa natura. Riducendo l’attrito e l’usura tra due superfici a contatto aiutano a migliorare l’efficientamento dei processi industriali e della mobilità, abbattendo le emissioni di gas serra.
Ad ogni modo questo tipo di prodotti altro non è se non un derivato dei cicli di lavorazione dell’industria petrolifera e chimica, ottenuto aggiungendo a un olio base – ricavato la maggior parte delle volte dalla prima raffinazione del petrolio – degli additivi per fornirgli specifiche prestazioni caratteristiche tecniche.
E una delle sfide verso le quali questo comparto si sta mano a mano affacciando è quella di migliorarne ulteriormente le prestazioni, formulando lubrificanti con componenti alternativi, rinnovabili e rigenerati, in modo che siano ecologici, eco-compatibili e biodegradabili.
Ed è proprio su questi orizzonti che si è concentrato il Rapporto 2024 su Lubrificanti e Sostenibilità, studio condotto dall’Unione Energie per la Mobilità (UNEM) con il contributo di Petronas Lubricants International, la divisione dell’omonima azienda petrolifera malese specializzata nella produzione e commercializzazione di lubrificanti e fluidi funzionali a livello globale.
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Creare un circolo virtuoso, anche nei lubrificanti
Il rapporto di UNEM sottolinea come oggi esistano sostanzialmente tre tipologie di lubrificanti, che sono:
- Lubrificanti a base minerale, con basi ottenute dalla colonna di distillazione dalla
lavorazione del greggio - Lubrificanti a base sintetica, con basi derivanti da processi di sintesi chimica;
- Lubrificanti a base rigenerata, con basi derivanti dalla ri-raffinazione o rigenerazione degli oli usati giunti alla fine del ciclo di vita
Quest’ultima tipologia di prodotto può essere la chiave per un futuro più sostenibile. Lo studio dichiara che oggi esistono sempre più lubrificanti con elevate performance che garantiscono una maggiore durata in esercizio e consentono di contenere le perdite di energia per attrito, con una riduzione sensibile del consumo di carburante e quindi delle emissioni di CO2.
Con lo sviluppo di oli molto più fluidi rispetto a quelli di vecchia generazione, si riduce la quantità di energia necessaria a mettere in movimento il motore, con risparmi energetici nell’ordine del 2,5-3,0%.
Numeri piccoli, ma che moltiplicati per le decine di milioni di automezzi circolanti in Italia e in Europa portano a sensibili riduzioni di emissioni non solo climalteranti ma anche inquinanti.
Una strada da seguire per migliorare ulteriormente queste performance si può ottenere tramite l’impiego di bio-lubrificanti. In quest’ottica fondamentale è l’utilizzo di materie prime (basi lubrificanti) derivanti dall’economia circolare, ottenute dalla rigenerazione degli oli minerali esausti, giunti cioè alla fine del ciclo di vita, contribuendo alla decarbonizzazione della filiera in ottica Life Cycle Assessment (LCA).
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Una filiera unita contro il climate change
Gli impatti della filiera produttiva degli oli lubrificanti sui cambiamenti climatici si verificano principalmente durante l’estrazione e la lavorazione delle materie prime, a causa della grande quantità di energia richiesta, ma anche dal punto di vista del consumo d’acqua e della gestione dei residui di produzione.
I lubrificanti a base minerale sono caratterizzati da un maggiore impatto in termini ambientali per la natura delle materie prime impiegate.
I cosiddetti oli bio-based, di contro, possono avere un global warming potential (GWP) quattro volte inferiore agli oli minerali, mentre le emissioni di gas serra degli oli sintetici sono quasi due volte superiori a quelle dell’olio minerale. Bisogna pertanto utilizzare colture che non siano in concorrenza con la filiera alimentare.
L’impatto legato al consumo di energia può essere ulteriormente ridotto attraverso la produzione o l’acquisto di elettricità da fonti rinnovabili, riducendo i consumi tramite la loro ottimizzazione.
Lo studio di UNEM sottolinea come anche sul fronte dell’imballaggio si stia cercando di raggiungere gli
obiettivi di sostenibilità. È possibile utilizzare infatti involucri 100% riciclabili (comunemente PE, PET o acciaio), garantendo una riduzione del 92% di consumo di plastica (in rapporto ai tradizionali imballi da 20Lt).
Il mercato dei lubrificanti si sta infine muovendo sempre più verso formulazioni a basso impatto ambientale che si traduce in un progressivo aumento nel consumo di lubrificanti biodegradabili.
A tale scopo, è stata emessa una lista di sostanze e materie prime – la luSC List- Lubricant
Substance Classification – che sono già state valutate secondo questi parametri.
Le aziende produttrici di lubrificanti non sono obbligate a impiegare le sostanze/materie prime presenti proprio in questo elenco, ma farlo comporta la certezza di ottenere un prodotto a basso impatto ambientale secondo i criteri citati.
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