Il mercato auto, fermo ormai da mesi, sta affrontando una delle crisi più complicate e inaspettate della storia. I presupposti non erano dei migliori già prima del lockdown: da gennaio il mercato non ha fatto altro che decrescere, minando le alte aspettative che tutti avevano nei confronti del nuovo decennio.
Poi l’emergenza sanitaria e la conseguente chiusura di impianti produttivi, concessionari e officine. In questi mesi le richieste di aiuto sono state incessanti e ad ogni nuovo provvedimenti ci si accorgeva a malincuore che il mercato dall’auto, come tanti altri settori, era finito nel dimenticatoio.
“Non c’è più tempo, questa è l’ultima chiamata”, afferma Gianmarco Giorda, Direttore di Anfia, parlando di incentivi per far ripartire il mercato dell’auto, che ricordiamo è responsabile del 10% del Pil italiano.
MERCATO AUTO: CONTINUANO LE RICHIESTE DI SOSTEGNO
A conti fatti, per il 2020 si stima un calo delle immatricolazione di circa 500.000 targhe rispetto allo scorso anno: un problema che va ad aggiungersi al rischio di rallentamento delle attività produttive.
Nonostante la riapertura di fabbriche e concessionarie, maggio è stato comunque un mese tragico, che ha chiuso il mercato con una decrescita quasi del 50%. “Abbiamo perso metà del mercato rispetto a maggio 2019”, spiega Gianmarco Giorda, “ma la cosa ancor più grave è che gli ordinativi del mese di maggio sono nettamente inferiori”.
La ripartenza procede con fare lento, quasi impercettibile e lascia gli operatori del settore con la consapevolezza che i numeri persi non verranno più recuperati.
“Anche nei prossimi mesi vedremo un mercato chiaramente in calo e senza delle misure a sostegno, si prospetta un anno davvero complicato”, prosegue il Direttore di Anfia.
LE RICHIESTE DI ANFIA PER RISOLLEVARE IL MERCATO
“Noi abbiamo bisogno di due tipi di intervento: uno a breve-medio termine che riguarda la domanda e un altro più di tipo strategico, nel medio-lungo periodo, per rilanciare e gestire il comparto automotive nella transizione verso le nuove tecnologie, dalle motorizzazioni alla guida autonoma e auto connessa”, prosegue poi Giorda.
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Ricordiamo che il 2020 doveva essere l’anno dell’elettrificazione, con obiettivi sulle emissioni Co2 imposti alle Case principalmente a livello europeo. Una questione spinosa che non è stata comunque accantonata dopo la crisi Coronavirus.
Anche in questo caso le Associazioni di settore avevano chiesto alla Commissione europea di rivedere le tempistiche per l’entrata in vigore delle sanzioni. I limiti per il 2020 fissavano una media di 95 g/km di Co2, da calcolare sul 95% del venduto e le multe ammontano a 95€ per ogni grammo di Co2 superiore alla media, moltiplicato poi per ogni veicolo venduto in Europa.
La posizione di Anfia, quindi, chiede un sostegno che vada ad agire su entrambi i fronti: da una parte la transizione energetica e le nuove tecnologie, dall’altra un boost concreto alla domanda, “occorre mettere in campo degli strumenti che facciano ripartire il mercato e le vendite di auto in Italia”, spiega Gianmarco Giorda.
Le 4 proposte di Anfia
Le richieste di sostegno di Anfia si possono riassumere in quattro punti chiave, che se sostenuti correttamente potrebbero far ripartire il mercato auto dopo la crisi da Covid:
- Rifinanziare l’ecobonus per le auto con meno di 60 g/km di emissioni Co2
- Ampliare gli incentivi alla fascia di vetture con emissioni 61-95 g/km di Co2
- Incentivi sulle auto in stock, per accelerare le vendite
- Incentivi sui veicoli commerciali leggeri
“Ad oggi l’unica misura concreta che è stata ottenuta con il Decreto Rilancio è stata quella del rifinanziamento dell’ecobonus, per le sole vetture elettrificate, ma non basta”, spiega il Direttore di Anfia.
CON O SENZA INCENTIVI: GLI SCENARI POSSIBILI PER IL MERCATO
“È difficile fare previsioni, comunque noi di Anfia stimiamo che in assenza di incentivi potremmo avere un mercato a fine anno con 500/600 mila veicoli venduti in meno”.
“Con un intervento invece sulla domanda, accogliendo ad esempio le proposte citate prima, potremmo recuperare fino a 300.000 autovetture o veicoli commerciali leggeri. Questo significa avere comunque un calo, ma di natura più sostenibile”.
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Nel primo scenario le ripercussioni sarebbero disastrose per l’economia e conseguentemente per l’occupazione: “Non dimentichiamo che il settore automotive su tutta la filiera diretta e indiretta, dà lavoro a oltre un milione di persone”, conclude Giorda.