Provvedimenti sempre più stringenti da parte del Governo sull’emergenza Coronavirus, il quale ha imposto più limitazioni (secondo alcuni ancora non sufficienti), per diminuire il numero dei contagi.
L’arrivo la scorsa settimana dei medici cinesi in aiuto al personale, ormai stremato, dei nostri ospedali ha acceso dei barlumi di speranza, ma “ci sono ancora troppe persone in circolazione”.
Aumentano anche i controlli da parte delle Forze dell’Ordine, ma questo non basta per convincere i cittadini a stare a casa, così arriva un nuovo DPCM il 22 marzo, che intima la chiusura di tutte le attività commerciali e industriali, ad accezione di alcune operanti nei settori di prima necessità, fino al 3 aprile.
DPCM 22 MARZO: L’ITALIA CHIUDE TUTTO?
Quasi tutto, infatti a poche ora dall’emanazione del nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, molti già sollevano perplessità e incomprensioni, cercando di capire se la propria attività rientri o meno nell’elenco dell’allegato 1.
A una prima lettura del Decreto quindi gli showroom dei concessionari continueranno a rimanere chiusi, mentre le officine meccaniche e i ricambisti potranno garantire il proseguimento dei servizi. Le Case auto invece porteranno avanti lo stop alla produzione, avviato già durante la scorsa settimana.
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QUALI AZIENDE RESTANO APERTE?
In sostanza proseguono nelle attività tutte quelle aziende ritenute essenziali, quindi farmacie e parafarmacie, supermercati, trasporti e la filiera dell’informazione. Restano aperte anche:
- aziende legate ad agricoltura, pesca e industria tessile per abiti da lavoro
- industria e filiera alimentare
- industrie chimiche, metalliche e plastiche
- studi professionali
- servizi bancari, finanziari e assicurativi
- produttori e distributori di apparecchi medicali
COSA SUCCEDE NELL’AUTOMOTIVE
Le attività di noleggio auto e car sharing, facendo parte dei servizi di trasporto potranno rimanere attive.
Quindi restano operanti tutti i trasporti, dai servizi pubblici ai taxi e NCC, il trasporto di merci su gomma, compreso il commercio di componenti e accessori per le vetture.
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DEALER
I Concessionari avevano già predisposto chiusure straordinarie, implementando le misure di sicurezza al fine di contenere i contagi. Con il nuovo decreto le riaperture inizieranno dal 3 aprile, ma in questo panorama molti Dealer si interrogano su come potranno superare il momento di incertezza.
Federauto, l’Associazione Italiana Concessionari Auto, ha richiesto un sostegno concreto da parte del Governo, per supportare le concessionarie italiane durante il periodo di sospensione delle attività.
Le criticità sollevate da Federauto sono sostanzialmente tre:
- gestione del personale
- mancanza di liquidità
- gestione degli stock di veicoli e componentistica
Il volume degli affari è destinato a ridimensionarsi, in un panorama che già nei mesi scorsi non si presentava come florido (il calo di febbraio lo conferma).
L’Associazione stima un calo delle immatricolazioni del 60% per il 2020, dipingendo uno scenario futuro in cui il recupero procede a rilento.
“I punti di criticità delle concessionarie si focalizzano sulla necessità di un in sostegno normativo grado di favorire il reperimento di liquidità per la sopravvivenza aziendale, tenendo presente che si tratta di aziende caratterizzate da un ciclo labour and capital intensive”, dichiara Federauto nella sua lettera al Capo del Governo, “Rispetto alle misure introdotte con il Decreto-legge 17 marzo 020 n.18 (c.d. Cura Italia), esiste la necessità di alcune modifiche in grado di supportare le concessionarie nel periodo critico di blocco dell’attività”, richiedendo nello specifico:
- L’attività di concessionari per la vendita e riparazione di autoveicoli e motoveicoli, in ragione dell’elevato valore dei singoli beni ricade totalmente fra le imprese con un fatturato superiore ai 2 milioni di euro. Non godendo delle agevolazioni di differimento dei termini di pagamento alla Pubblica Amministrazione, si chiede che in sede di conversione in legge del decreto sia inserito un esplicito richiamo a tale attività, utilizzando il parametro del patrimonio netto al 31.12.2018, ultimo bilancio approvato, nel limite di € 100 milioni.
- La compensazione orizzontale dei crediti Iva sia nei confronti dell’Erario che per la parte contributiva sarebbe un grosso supporto alla liquidità delle imprese. Oggi vige il limite di € 700.000 annui (art. 9 comma 2 D.L. 35/2013). Si chiede di allargare il limite trasformandolo in mensile. Quindi la compensazione orizzontale varrà per un importo massimo mensile pari a € 700.000.
- Il decreto è lacunoso nel trattare il caso che riguarda la situazione di dilazione dello stock. Il quesito a cui dare una risposta è: il credito ceduto pro soluto a una banca terza è da considerarsi alla stessa stregua della sospensione prevista per i debiti bancari a medio lungo? Ciò in relazione all’art. 56 comma 2b per prestiti non rateali che proroga di fatto al 30.09.2020 le scadenze. Per rendere tutto più chiaro si propone di estendere l’art. 56 comma 5 anche alle imprese con patrimonio netto inferiore a € 100 milioni quanto previsto dal comma 2b, ampliandone la portata ed includendo anche lo trumento del finstock a mezzo factoring.
- Con riferimento alle previsioni dell’art. 57, occorre che l’attività condotta dalle concessionarie auto sia ricompresa nell’emanando decreto applicativo.