Martedì 25 febbraio, presso l’UNAHOTELS Expo Fiera di Milano si è tenuta la quinta edizione di MOBILITYhub, tra i più rilevanti eventi B2B per il settore automotive. Un’occasione per, così come sottolineato dall’organizzatore Matteo Cimegotto, discutere dei cambiamenti in atto nel mondo della mobilità, conoscere nuovi brand e scambiarsi consigli e suggerimenti per affrontare le sfide del domani.
Tra 15 workshop e numerosi momenti di networking, si è tenuto uno Special Speech di grande rilevanza per l’intera filiera, moderato dal vicedirettore di DealerLink, Alberto Vita.
Marco Cito, Capo Segreteria Tecnica del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in rappresentanza del Governo, ha risposto ai dubbi e ai quesiti di quattro top dealer italiani: Andrea Campello di Campello Motors, Carlo Alberto Jura di Spazio Group, Salvatore Cassese di Birindelli Auto e Filippo Sbrogiò di De Bona Motors. Ripercorriamo insieme la proficua discussione che ha illuminato il futuro del mercato automotive italiano e le intenzioni governative a riguardo.
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Come il governo si prende cura dei dealer?
Così come sottolineato da Carlo Alberto Jura di Spazio Group, i concessionari sono imprenditori italiani che, nel nostro Paese, investono e pagano le tasse. In che modo il Governo si prende cura di loro, ovvero di questi oltre 1000 imprenditori con un fatturato complessivo superiore ai 45 miliardi di euro l’anno? La risposta di Marco Cito amplia lo sguardo sull’Europa. Per sostenere il settore è necessario, prima di tutto, rivedere le più recenti norme Ue. A tal proposito, il Ministero ha intenzione di proseguire le discussioni avviate con il tavolo automotive, chiedendo a gran voce la neutralità tecnologica.
La questione elettriche
Le nuove norme imposte dall’UE, che puntano ad arrivare a una produzione auto esclusivamente elettrica entro il 2035, hanno imposto un netto cambio di rotta ai costruttori, che alla propria rete di vendita chiedono obiettivi minimi di EV. Obiettivi che penalizzano i venditori, in un mercato in cui l’elettrico puro rappresenta percentuali che non superano il 4%. L’obiettivo del Governo, afferma Cito, è vendere auto prodotte in Italia e, ad oggi, il nostro Paese non possiede una filiera EV. Ecco perché si punta alla neutralità tecnologica, per lasciare spazio a motorizzazioni sì sostenibili, ma non esclusivamente full electric.
I dazi e l’arrivo dei marchi cinesi in Italia
L’obiettivo, afferma il rappresentante del Ministero delle Imprese, è arrivare alla produzione di 1,3 milioni di vetture all’anno, il minimo per garantire la sopravvivenza della filiera. E, per far ciò, non si ha paura di accogliere entro i territori nazionali costruttori provenienti dall’estero, oriente compreso. Cito rivela che il ministro Urso ha già avviato trattative con alcuni brand asiatici, nel tentativo di attrarre investimenti in Italia. Tra questi, il principale interlocutore è al momento il colosso cinese BYD (che sulle concessionarie italiane ha puntato fin da subito).
Strategia che sembra in contraddizione con i dazi imposti dall’Unione Europea – dunque Italia compresa – alle automobili prodotte in Cina. “I dazi sono lo strumento per ripristinare condizioni di mercato minate da politiche scorrette intraprese da alcuni Paesi. – spiega Cito – Siamo per un mercato libero ma equo e non c’è libera concorrenza con aziende cinesi che hanno ricevuto ingenti sovvenzioni governative”.