Il mercato finanziario in generale, e non fare eccezione quello automotive, vive anni di profonda incertezza. Determinati da eventi di grande rilevanza geopolitica susseguitisi negli ultimi anni. Dal Covid alla guerra in Ucraina, fino alle tensioni in Medioriente e ai più recenti dazi imposti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
A livello automotive, il risultato – per via anche della concentrazione di materie prime in pochi paesi – è stato un elevato incremento dei prezzi, con i listini aumentati del 50% negli ultimi 10 anni. A riguardo, il 57% degli italiani si dichiara preoccupato per via dei rincari per l’acquisto di un’auto nuova.
Di fronte a tale panorama, come si sta evolvendo il settore della distribuzione auto? Lo mostrano con ricchezza e precisione i dati di uno studio sul tema condotto da Deloitte, ascoltati all’evento Campo Base Distribuzione di InterAutoNews.
Il passaggio da concessionario ad agente
Una delle strategie attuate dagli OEM per recuperare competitività è quello del passaggio dal contratto di concessione a uno di agenzia. Si tratta – come spesso analizzato anche su queste pagine – di una forma di distribuzione in cui la proprietà del veicolo resta in mano alla casa madre, per conto della quale l’agente effettua la vendita.
I benefici, in effetti, ci sono e, come illustrato da Deloitte, sono:
- Prezzo inferiore al cliente
- Minori costi per il canale distributivo (acquisto veicolo/comunicazione/marketing ecc.)
- Trasferimento rischi e oneri finanziari all’OEM
Non mancano, tuttavia i contro:
- Minore margine lordo
- Minore flessibilità nella definizione del prezzo di vendita
- Dati clienti di proprietà esclusiva dell’OEM
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Stando ai risultati delle interviste ad acquirenti e attori del settore realizzate da Deloitte, il modello di agenzia funziona per quei brand dal target e dalla mission ben definiti (ad esempio Tesla o Mini) e, soprattutto, in un mercato in cui c’è domanda.
Dall’automobile ai servizi
Un’altra rilevante trasformazione strategica attuata dai costruttori automotive è quella che vede le Case passare dall’essere fornitori di veicoli a fornitori di un ecosistema integrato di servizi. Parliamo, nello specifico, tanto di servizi del post-vendita quanto di soluzioni di utilizzo del mezzo (come il noleggio).
Tale cambiamento influisce anche nel rapporto con il cliente. L’importante non è più la vendita singola, ma la relazione continuativa con l’acquirente, l’aumento cioè del Customer Lifetime Value, che ha come sua base l’utilizzo dei dati, per offrire al cliente soluzioni personalizzate e aumentarne così la fidelizzazione. Il risultato è il passaggio a un flusso di redditi stabili e prevedibili e non più dipendenti dalle vendite una tantum.
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Cosa vuole oggi il cliente?
Il primo driver di scelta nell’acquisto di un’automobile resta il prezzo, per oltre la metà degli italiani. Le priorità, a seguire, rivela il Global Automotive Consumer Study 2025 di Deloitte, sono:
- Affidabilità e qualità del prodotto
- Caratteristiche e performance del veicolo
- Familiarità con il brand
- Sostenibilità e innovazione
- Esperienza di acquisto fluida e trasparente
- Flessibilità nelle formule di acquisto
E se è vero che il web resta importante, così come lo è l’investimento in nuove tecnologie, analisi di dati e CMR, il contatto interpersonale resta essenziale. Il web è il primo step, il luogo in cui gli acquirenti compiono le ricerche iniziali e, tendenzialmente, scelgono il veicolo da acquistare – ecco perché è fondamentale curare il sito della concessionaria.
L’83% dei compratori, però, vuole il contatto fisico, con la vettura e con il venditore. È di persona che si sceglie la formula finanziaria più adatta e si finalizza l’acquisto. I cambiamenti, dunque, sono sostanziali e numerosi, ma il sistema distributivo automotive resta legato alla propria essenza.