Cresce per il 34° mese consecutivo, ma rallenta la sua crescita. Secondo i dati diffusi da Acea, il mercato auto europeo a giugno 2016 ha registrato 1.507.303 immatricolazioni, in rialzo del 6,5% rispetto al 2015. Positivo anche il bilancio dei primi sei mesi dell’anno, con 8.090.870 unità, in crescita del 9,1% su gennaio-giugno 2015. L’Italia si conferma con il maggior tasso di incremento tra i principali mercati Ue, con un +19,2% a fronte di una media europea del +9,1%.
FOCUS SUI DATI
Il risultato espresso dal mercato auto europeo, a giugno 2016, commenta il direttore di Anfia Gianmarco Giorda, “è trainato dalla crescita di Italia (+11,9%), Spagna (+11,2%) e Germania (+8,3%), mentre il mercato francese rimane stabile (+0,8%) e quello inglese mostra una lieve contrazione (-0,8%) per via del crollo della domanda dei privati (forse influenzata dal calo del clima di fiducia dopo gli esiti del referendum sulla Brexit) ma resta in linea con il consolidamento previsto dopo un 2015 da record. Di contro, sempre nel Regno Unito, si segnala un balzo in avanti delle immatricolazioni di vetture ad alimentazione alternativa (+16,9%)”.
DOPO BREXIT E CRESCITA ANOMALA
Non ha dubbi Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto. “Il risultato del Regno Unito, probabilmente il primo effetto negativo della Brexit, intacca negativamente anche il risultato dell’Ue – osserva – mentre l’Italia rallenta l’inerzia della propria corsa rispetto ai mesi scorsi e si ferma a un pur lusinghiero +11,9%”. L’incremento del settore automotive di quest’anno, prosegue il numero uno della Federazione, non trova corrispondenze con la gran parte degli indicatori di crescita italiana. “Più che da una ripresa del sistema Paese – conclude – il nostro settore è mosso da fattori interni e congiunturali: dalle massicce campagne di promozione messe in campo da Case e concessionari e finalmente da una minore pressione dei costi di mantenimento e utilizzo”. Un esempio è il prezzo del carburante, che pesa circa il 15-20% in meno sulle tasche degli automobilisti italiani rispetto a due anni fa, a fronte di una pressione fiscale rimasta inalterata.