Il dilemma dei porte aperte in concessionaria: quando servono davvero?

Fidelizzare cliente concessionaria

Porte aperte e concessionari: un tema molto delicato, che abbiamo già sviscerato in passato su queste pagine web. E che fa sorgere spontanee parecchie domande: aprire gli showroom nei weekend per ospitare il lancio di un nuovo modello è davvero un’opportunità? Oppure, è un obbligo che sottrae tempo ed energia? Quesiti ancora attuali, per i quali una risposta univoca, di sicuro, non c’è. Proviamo però a fare un po’ di chiarezza su questo argomento.

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Un momento di un “porte aperte” della nuova Fiat 500 (luglio 2015)

IL BINOMIO “PORTE APERTE CONCESSIONARI”: UN AFFARE DI BRAND AWARENESS

Abbiamo parlato il mese scorso di un altro tema molto spinoso per il dealer: il rispetto degli standard imposti dalla Casa. Bene, il binomio “porte aperte concessionari” rientra in questa categoria di obblighi. Almeno secondo l’opinione di molti venditori e titolari. Verso la fine del 2015, non a caso, Paolo Pesenti, in qualità di amministratore del Gruppo venditori e concessionari auto, aveva lanciato a Federauto una petizione per dire basta alle aperture domenicali. Il motivo è semplice: “sottraggono tempo e energia alla forza vendita e alle loro famiglie”.

Per la Casa, ovviamente, è una questione di brand awareness: tramite la rete, ovvero il “braccio armato” sul territorio, far vedere e toccare con mano ai clienti la vettura tanto attesa. Un’operazione di marketing ormai assodata. Ma per il concessionario?

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BUON SENSO PRIMA DI TUTTO 

I numeri, in alcuni casi, danno ragione ai Costruttori: lo scorso anno, il porte aperte della nuova Alfa Romeo Giulia ha richiamato nelle concessionarie 34mila persone nei 166 punti vendita aderenti all’iniziativa, per un totale di 8.000 test drive. Stesso discorso per la nuova Peugeot 3008: oltre 17mila persone negli showroom e oltre 6mila preventivi effettuati nel primo weekend di lancio. Non ultimo, il caso della nuova Seat Ateca. Per queste vetture, il porte aperte ha rappresentato senza alcun dubbio un’opportunità anche per la rete. Ovvero, quella di portare gente dal dealer, far provare il modello di punta dell’offerta, e mettere in contatto venditori e clienti. In tre parole, conquista di lead. E brand awareness anche per la concessionaria. A patto, ovviamente, che il dealer stesso sia bravo a sfruttarne successivamente l’onda d’urto.

Ci sono però anche casi con numeri certamente meno eclatanti, accompagnati da un dato di fatto sottolineato nella già citata petizione di Pesenti: con la crisi degli ultimi anni, il personale interno alle aziende è diminuito, di conseguenza è pressoché impossibile fare turni e, quindi, il rischio è quello che i “venditori auto si presentino il lunedì mattina stanchi e demotivati in concessionaria”. Una situazione che, ovviamente, può rivelarsi dannosa anche per la stessa Casa.

Come per gli standard, dunque, si tratta di utilizzare il buon senso. Magari proponendo i “porte aperte” soltanto per i modelli che li meritino davvero. In fondo, in un mondo globalizzato, con le notizie che corrono veloci sul web e fior di uffici marketing, non è poi così difficile prevedere a priori la portata e il clamore di un lancio…

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